Lamento a Dio con i Santi Proto e Giacinto per le vittime di violenza

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Dio di misericordia, oggi solleviamo a Te il nostro lamento per tutte le vittime innocenti di violenza, per chi ha conosciuto la perdita, lo smarrimento, l’ingiustizia e la paura.
Tu che hai ascoltato il pianto di tuo Figlio e vedi ogni ferita nascosta nel cuore umano, accogli il dolore di chi non trova voce e le lacrime di chi è stato privato della gioia.
Santi Proto e Giacinto, martiri fedeli che avete sopportato la violenza con coraggio e fede incrollabile, intercedete per noi presso il Signore. Sostenete chi è stato colpito da mani ingiuste, abbracciate chi si sente solo dopo la perdita, infondete la forza di continuare quando tutto sembra buio.
O Santi amati, rendete speranza ciò che la violenza ha cercato di spegnere. Portate nei cuori spezzati la fiducia che la giustizia di Dio sia più forte di ogni male e la certezza che nessuna ferita è ignorata ai Suoi occhi.
Ti chiediamo, Padre, per l’intercessione dei tuoi santi martiri, che le vittime trovino consolazione e che dalla loro sofferenza germogli un domani di pace. Dona a chi patisce la forza di rialzarsi, di credere ancora nell’amore e nella Tua giustizia.
Non abbandonarci nell’ora della prova, ma solleva chi cade, guarisci chi è ferito, ascolta il grido silenzioso di chi soffre, e per la fede di Proto e Giacinto, trasforma il lamento in preghiera di speranza.
Amen.
Spiegazione della Preghiera
1. Contesto spirituale e dottrinale della preghiera
La preghiera presentata si colloca nel ricco alveo della tradizione cristiana di intercessione per le vittime della violenza e per quanti soffrono a causa dell’ingiustizia. Il suo contesto spirituale attinge a due migliaia di anni di riflessione ecclesiale sulla misericordia di Dio, sulla sofferenza innocente e sul valore della testimonianza dei martiri. Essa risuona profondamente con l’insegnamento della Chiesa riguardo al mistero della sofferenza e alla chiamata alla compassione solidale verso chi porta i pesi più gravosi della vita.
Nel quadro dottrinale, la preghiera sottolinea l’attributo fondamentale di Dio come Dio di misericordia (“misericordiae Deus”, come recitano i Salmi). Il lamento nella liturgia ebraica e cristiana assume una funzione teologica importante: esprimere a Dio, senza veli, il dolore e l’ingiustizia subiti, nella certezza che Egli ascolta i cuori spezzati. Come cattolici, siamo invitati a credere che nessuna sofferenza sia ignorata da Dio (cf. Lc 12,6-7), e che la preghiera dei santi e dei martiri rafforzi il grido della Chiesa pellegrina e sofferente sulla terra.
2. I destinatari a cui è rivolta e perché
La preghiera si rivolge in primo luogo a Dio Padre, invocato esplicitamente come colui che “ha ascoltato il pianto di tuo Figlio e vedi ogni ferita nascosta”. Egli è il destinatario principale della supplica, perché solo nel suo cuore di Padre si trova la misericordia, la giustizia e la forza di rispondere al dolore umano.
Un ruolo speciale hanno i santi Proto e Giacinto, martiri, invocati come intercessori presso il Signore. La richiesta della loro intercessione si inserisce nella dottrina della comunione dei santi (“Sanctorum communio”), secondo cui i santi in cielo intercedono per i fedeli ancora pellegrini e sofferenti. I martiri sono particolarmente efficaci nel loro patrocinio, perché hanno attraversato in prima persona la prova della violenza e testimoniato la vittoria della fede sull’odio: “Le loro anime sono nella pace” (Sapienza 3,1–3). Le invocazioni dirette (“Sostenete… Abbracciate… Infondete forza...”) evidenziano l’affidamento fiducioso ai santi come amici e modelli di speranza.
3. I beneficiari per cui intercede e i bisogni spirituali/fisici che affronta
I primi beneficiari della preghiera sono tutte le vittime innocenti di violenza: di conflitti, guerre, abusi, persecuzioni o privazioni di diritti fondamentali. La preghiera menziona in particolare coloro che “hanno conosciuto la perdita, lo smarrimento, l’ingiustizia e la paura”, mostrando attenzione sia al vissuto interiore sia alle ferite esteriori.
I bisogni affrontati sono molteplici e profondi:
- Bisogni spirituali: consolazione nel dolore (“accogli il dolore di chi non trova voce”), fiducia in Dio e nella sua giustizia, speranza di rinascita, capacità di perdonare e continuare a credere nell’amore divino.
- Bisogni psicologici ed emotivi: superare il senso di isolamento, trovare forza nelle prove, tornare alla gioia dopo la perdita.
- Bisogni fisici e materiali: guarigione delle ferite (sia fisiche che interiori), protezione e sostegno concreto per chi è vulnerabile.
Infine, la preghiera si estende implicitamente a tutta la comunità cristiana, invitata a non calarsi nell’indifferenza, bensì a farsi voce di chi non la trova e strumento della carità divina.
4. Temi teologici principali, con citazioni bibliche e patristiche
Numerosi i temi teologici che animano la preghiera:
- La misericordia di Dio: “Dio di misericordia, oggi solleviamo a Te il nostro lamento...”. L’eco dei Salmi emerge chiara (cf. Sal 56, 9: “Tu conti i passi del mio vagare, raccogli le mie lacrime nel tuo otre”).
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L’intercessione dei santi, specialmente dei martiri: il martirio come testimonianza che supera la violenza e trasfigura il dolore in redenzione. Sant’Agostino scrive:
I martiri sono testimoni della vittoria di Cristo sul mondo: nelle loro sofferenze, la giustizia di Dio è proclamata sopra ogni male (Enarrationes in Psalmos 30, 2).
- Centralità di Cristo sofferente: “Tu che hai ascoltato il pianto di tuo Figlio”. La solidarietà di Dio col dolore umano si compie nella Passione del Figlio, che si fa modello e garante dell’ascolto di ogni lamento (cf. Ebrei 4,15).
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La certezza della giustizia divina: “fiducia che la giustizia di Dio sia più forte di ogni male”. S. Paolo dichiara:
Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene (Rm 12,21).
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La speranza cristiana: “trasforma il lamento in preghiera di speranza”. S. Gregorio di Nissa:
Le sofferenze, unite alla fede, sono seme di nuova speranza (Homilia in Cant. canticorum 14).
5. Genere di preghiera e collocazione nella tradizione liturgica
Il testo appartiene primariamente al genere delle preghiere di intercessione e di lamento orante. Il “lamento”, ben radicato tanto nei Salmi quanto nella liturgia cristiana, è la voce piangente del popolo di Dio che si rivolge al Signore senza vergogna, chiedendo consolazione e giustizia. Nel contempo, la preghiera contiene elementi di supplica, consolazione e speranza.
Liturgicamente, tali preghiere sono frequenti durante:
- le celebrazioni per le vittime di guerre e calamità,
- le giornate di memoria dei martiri (in questo caso, Proto e Giacinto – 11 settembre nella tradizione romana),
- i tempi penitenziali (come la Quaresima),
- le liturgie funebri e di suffragio.
6. Indicazioni pratiche: uso nella preghiera personale, comunitaria e nell’anno liturgico
Per la preghiera personale, questo testo può essere utilizzato nei momenti di dolore, ricordo di persone care vittime di violenza, o di fronte a fatti di cronaca che scuotano la sensibilità del credente. L’invocazione a Dio e ai martiri può essere recitata davanti a un’icona dei santi Proto e Giacinto o associata alla lettura dei Salmi di lamento (es. Salmo 22 o 42).
In comunità, la preghiera si presta ad essere letta durante:
- liturgie della parola in memoria delle vittime di ingiustizia,
- celebrazioni eucaristiche nel giorno della memoria liturgica dei martiri,
- iniziative di sensibilizzazione per la pace e la riconciliazione,
- momenti di adorazione eucaristica intercessoria.
Durante l’anno liturgico, se ne raccomanda la recita in:
- Quaresima, quando la Chiesa medita maggiormente sul mistero della sofferenza e del peccato,
- in occasioni di anniversari di tragedie pubbliche,
- nella settimana per l’unità dei cristiani, per pregare per la pace tra i popoli,
- il giorno dei santi Proto e Giacinto (11 settembre).
Una prassi feconda può essere quella di concludere la recita con un tempo di silenzio e successivamente condivisione, favorendo l’ascolto e la presa di responsabilità comunitaria verso le sofferenze del mondo. In tal modo, la preghiera non resta parola ma si fa stimolo alla compassione attiva e all’edificazione della civiltà della misericordia.
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