Supplica a San Sisenando per i Cristiani Perseguitati

Ascolta la Preghiera
O glorioso San Sisenando di Cordova,
tu che hai affrontato la persecuzione e il martirio, animato da una fede incrollabile, ascolta la nostra supplica. Volgi il tuo sguardo compassionevole sui tanti fratelli e sorelle che, oggi come ieri, sono colpiti dall’odio e dalla violenza a causa del nome di Cristo.
Intercedi presso il Signore affinché conceda forza, coraggio e la consolazione della Sua presenza a quanti sono privati della libertà religiosa e della possibilità di riunirsi in preghiera.
Ottieni per loro, o Santo Martire, la grazia di perseverare nella fede, di non cedere allo scoraggiamento e di portare luce anche nelle tenebre della persecuzione.
Chiedi per loro la libertà di professare il Vangelo senza paura, affinché ogni cuore sia illuminato dall’amore di Dio e nessun popolo sia più oppresso per la propria fede.
San Sisenando, sii loro rifugio nel dolore, sostegno nella prova, difensore nel pericolo. Presenta al trono dell’Altissimo la nostra preghiera e ottieni da Lui che in ogni nazione fiorisca la pace, il rispetto e la fraternità.
Per Cristo nostro Signore. Amen.
Spiegazione della Preghiera
```html1. Contesto spirituale e dottrinale della preghiera
La preghiera rivolta a San Sisenando di Cordova si inserisce nel solido solco della spiritualità cristiana relativa ai santi martiri, testimoni supremi della fede che, sull’esempio di Cristo, hanno offerto la loro vita in difesa della verità evangelica. San Sisenando, vissuto nell’VIII secolo nella Spagna occupata dai Mori, fu uno dei cosiddetti “Martiri di Cordova”, vittime della persecuzione contro i cristiani. Venerato come esempio di fedeltà incrollabile e coraggio nella prova, la sua figura richiama il valore del martirio e dell’intercessione in favore di chi oggi patisce discriminazione religiosa.
Dal punto di vista dottrinale, la preghiera si fonda sul sensus Ecclesiae della comunione dei santi: l’unione tra Chiesa celeste, purgante e pellegrinante sulla terra (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 946-962). Pregare un santo martire, infatti, significa riconoscere la loro “prossimità” a Dio e il potere di intercessione nella supplica. Il testo esprime questa fiducia richiamando San Sisenando come mediatore, secondo l’antica prassi della Chiesa.
Inoltre, la forte enfasi sulla difesa della libertà religiosa rispecchia gli insegnamenti conciliari, specialmente la Dignitatis Humanae del Concilio Vaticano II, che afferma:
“La persona umana ha diritto alla libertà religiosa. Nessuno, quindi, sia costretto ad agire contro la propria coscienza.”
2. Destinatari a cui è rivolta e perché
La preghiera è rivolta innanzitutto a San Sisenando di Cordova, martire e testimone eroico della fede. La scelta di rivolgersi a lui è motivata sia dall’attualità del suo esempio – vivere e morire per la fede in un contesto di persecuzione – sia dalla sua particolare esperienza di privazione della libertà religiosa.
- Ai fedeli stessi: I fedeli che recitano questa preghiera rivolgono la petizione a San Sisenando affinché interceda presso Dio per le comunità cristiane perseguitate nel mondo contemporaneo.
- Alla Chiesa universale: La supplica rappresenta una voce della Chiesa che, in spirito di solidarietà e comunione, non dimentica i suoi membri sofferenti, secondo l’esortazione paolina: “Ricordatevi dei prigionieri, come se foste prigionieri con loro, e di quelli che sono maltrattati, perché anche voi siete nel corpo” (Ebrei 13,3).
3. Beneficiari per cui intercede e i bisogni spirituali/fisici affrontati
I principali beneficiari della preghiera sono “i tanti fratelli e sorelle che, oggi come ieri, sono colpiti dall’odio e dalla violenza a causa del nome di Cristo”. In particolare:
- Cristiani perseguitati: Vittime di discriminazioni, violenze, minacce e prigionia a motivo del Vangelo, spesso impossibilitati a esercitare la fede in pubblico o a riunirsi in preghiera.
- Comunità costrette alla clandestinità: Fedeli che vivono in nazioni o contesti sociali dove la libertà di culto è gravemente limitata o negata.
- Popolazioni oppresse per motivi religiosi, anche non cristiane, segno della vocazione universale della Chiesa alla pace e alla giustizia.
I bisogni spirituali che la preghiera domanda sono la forza e il coraggio nella prova, la capacità di perseverare nella fede, la grazia di non cedere allo scoraggiamento e di portare luce nelle tenebre della persecuzione. Al contempo, si invoca il dono della libertà religiosa, della pace e della fraternità tra i popoli, aspetti che coinvolgono anche bisogni fisici e sociali come la liberazione dall’oppressione e dalla violenza.
4. Temi teologici principali (con citazioni bibliche o patristiche)
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La chiamata al martirio e la testimonianza
La preghiera fa eco all’insegnamento di Cristo:“Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli”
(Mt 5,11-12).
La Patristica, con i Padri martiri come san Cipriano, sottolineava che: “Il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani” (Tertulliano, Apologeticum 50). -
La comunione dei santi e l’intercessione
Il testo si fonda sulla credenza che i santi, particolarmente i martiri, possano intercedere efficacemente per i vivi, come si deduce dalle preghiere antiche riportate ad esempio da sant’Agostino:“Non sarebbe inutile supplicare i santi, se le nostre preghiere potessero passare per le loro mani”
(De cura pro mortuis gerenda, 15). -
Libertà religiosa e dignità umana
La richiesta di libertà per i cristiani perseguitati richiama il magistero recente:“Le religioni sono chiamate a essere canali di fraternità piuttosto che barriere di separazione”
(Papa Francesco, Fratelli tutti). -
Luce nelle tenebre – perseveranza
Il tema della luce che splende nelle tenebre trova riscontro in Gv 1,5:“La luce splende nelle tenebre, e le tenebre non l’hanno vinta.”
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Pace, rispetto, fraternità
La preghiera si conclude con l’invocazione di beni universali, in sintonia con la visione profetica di Isaia (Is 2,4) e la preghiera sacerdotale di Gesù per l’unità (Gv 17,21).
5. Genere di preghiera e collocazione nella tradizione liturgica
La preghiera a San Sisenando appartiene principalmente al genere dell’intercessione, nel quale si invoca un santo come mediatore per grazie a favore di terzi, in particolare dei cristiani perseguitati. Tuttavia, la preghiera si tinge anche di note di lode nei confronti di San Sisenando, celebrandone il martirio, e di invocazione nel chiedere al Signore doni di coraggio, consolazione, pace e fraternità.
Nella tradizione liturgica, questo tipo di preghiera può essere utilizzato:
- Durante la memoria liturgica dei santi martiri, in particolare quella di San Sisenando (15 luglio).
- Nel contesto di veglie, celebrazioni o giornate di preghiera dedicate ai cristiani perseguitati.
- Come orazione conclusiva nelle Messe a tema (p.e. "per la pace e la giustizia").
6. Indicazioni pratiche: utilizzo personale, comunitario e nei tempi liturgici
L’efficacia pastorale e spirituale di questa preghiera può essere valorizzata in diversi modi:
- Nella preghiera personale: il fedele può recitarla come atto di solidarietà verso chi soffre per la fede, magari accompagnandola con la lettura delle vite dei martiri o con l’atto di comunione spirituale.
- In ambito comunitario: può essere integrata nella Preghiera dei Fedeli durante la Messa o in momenti di Adorazione eucaristica in parrocchia, specialmente durante la Giornata di Preghiera per i Cristiani Perseguitati (es. 26 dicembre, festa di Santo Stefano; o in occasioni locali).
- Nei tempi liturgici: Quanto maggiore è il riferimento alla croce e al martirio (Settimana Santa, Quaresima, memoria dei martiri), tanto più la preghiera risulta attuale. Allo stesso modo, può essere usata in accompagnamento alle notizie di attualità su persecuzioni religiose, a sostegno concreto dell’intercessione comunitaria della Chiesa.
- In famiglia o nei gruppi di catechesi: la preghiera può essere letta per educare i più giovani ai temi della libertà religiosa, del rispetto verso gli altri e dell’esperienza del martirio cristiano, inserendo magari un breve dialogo o una testimonianza.
L’invito della Chiesa è che la memoria dei martiri non sia soltanto un ricordo ma sostenga la speranza: “Se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme” (1Cor 12,26). La recita di questa orazione è, dunque, atto di carità e segno visibile della comunione ecclesiale.
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